Nel giorno della memoria



INDICE



- Accordi preliminari: per dare informazioni corrette
- Strumenti: per condividere la memoria
- Progetti dalle scuole: per imparare gli uni dagli altri
- Film e ritratti

Foto da "Il volo di Sara" (Fatatrac) e "La città della stella" (Gruppo Abele), illustrazioni di Sonia M.L. Possentini.

Accordi preliminari



Non insegnate ai bambini...


di Anna Sarfatti, scrittrice

Chi studia la didattica della Shoah ci avverte che generalmente il risultato immediato delle iniziative sopra indicate produce nei bambini un effetto emozionale anche molto forte, talvolta troppo ma inevitabilmente destinato a svanire nel tempo se non è accompagnato da un percorso di conoscenza che permetta alle emozioni di ancorarsi ai fatti storici. C’è una bella canzone di Giorgio Gaber che dice: “Non insegnate ai bambini / ma coltivate voi stessi il cuore e la mente…”.
Dunque il primo passo è documentarci, conoscere. E poi trasmettere informazioni esatte.


Ecco un elenco dei punti da approfondire prima di parlare di Shoah in classe.

- Non consideriamo sinonimi le parole "ebrei" e "israeliani": questi sono i cittadini dello Stato d’Israele, mentre gli ebrei sono persone di religione ebraica, praticanti o non, anche di recente conversione.

- Aboliamo dal nostro vocabolario il termine "razza": è oramai dimostrato come il patrimonio genetico di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro aspetto, sia più o meno identico. Parliamo di differenze, siano etniche, religiose, di genere, culturali, sociali… avendo cura di valorizzarle. Il razzismo è, al contrario, la valorizzazione negativa. Razzismo e antisemitismo non sono sovrapponibili, anche se molto intrecciati.


Possiamo avere un ebreo razzista come pure un antisemita che fonda la sua intolleranza su motivazioni non legate alla presunta diversità razziale.

- Ricordiamo che quando si parla di "Shoah", parola ebraica che significa catastrofe, disastro, distruzione, si denomina un evento considerato da molti storici unico per lo sterminio sistematico di milioni di ebrei che fu attuato tra il 1941 e il 1945, mentre la vicenda persecutoria aveva preso avvio fin dal 1933. Più di 6.000.000 le vittime della Shoah, circa due terzi dell’ebraismo europeo degli anni Trenta.

- Ricordiamo che la persecuzione si rivolse anche contro gli oppositori politici, le minoranze etniche dei Sinti e dei Rom,

Strumenti



Storie per condividere la memoria


di Ilaria Tagliaferri, esperta di letteratura per l'infanzia

Affrontare la riflessione sul Giorno della Memoria, il 27 gennaio, con i bambini, è un compito che richiede particolare attenzione da parte degli insegnanti. Un consiglio utile viene da Raffaele Mantegazza, nel libro "Diventare testimoni. Riflessioni e percorsi per la giornata della memoria a scuola" (Junior, 2014): “all’approccio autobiografico che richiede ai bambini l’impossibile compito di identificarsi con le vittime del 'male assoluto' preferiamo l’approccio narrativo, che presenti storie sulla Shoah. Storie vere ma sempre storie di altri nei confronti delle quali posizionarsi con lo schermo che la narrazione provvede: non sta succedendo a me, non è successo a me, forse potrebbe succedere a me”. Ecco quindi alcuni titoli per lavorare insieme.

Per i più piccoli


Nel libro "L'albero della memoria: la Shoah raccontata ai bambini" di Anna Sarfatti e Michele Sarfatti (Mondadori, 2013) troviamo la storia di Samuele, ebreo italiano, bambino durante l'epoca fascista, che vive in prima persona le conseguenze delle leggi razziali e delle deportazioni. Il testo è in rima e le illustrazioni di Giulia Orecchia aiutano il lettore a entrare nella storia e a comprenderne il significato, e la presenza di brevi approfondimenti storici in ordine cronologico ci consentirà subito di contestualizzare la narrazione. Le domande sulla Shoah in appendice al testo saranno utili per dialogare con i bambini una volta terminata la lettura.


Per lavorare sul tema delle discriminazioni razziali attraverso le immagini c'è "Nessuna differenza?!", con disegni di Matteo Gubellini (Prìncipi & Princìpi, 2011). L'albo mette confronto 10 scene per ricordare gli orrori della persecuzione contro gli ebrei.
Un altro testo di rara potenza, per la storia raccontata e per le immagini insieme poetiche, quotidiane ma capaci di dire l’orrore, è "Il volo di Sara" (Fatatrac, 2011), da sfogliare con i bambini dai 6 anni in su.
Adatto ai bambini della stessa età, per scoprire il valore della memoria e della pace, è "La città della stella" (Gruppo Abele, 2016), dove si racconta del bambino Honza e dei suoi amici che anche a Terezin coltivano speranza, desiderio di libertà, avversione alla barbarie della guerra.

Un video di animazione fatto dai bambini, da "Il volo di Sara"


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Per i più grandi


Sempre da consigliare è "Un posto sicuro" di Kathy Kacer (Giunti, 2009): racconta di Edith, 6 anni, ebrea, che nel 1938 fugge con la sua famiglia da Vienna per scampare alle persecuzioni razziali.
Nel testo "Fuorigioco", Fabrizio Silei (Orecchio Acerbo, 2015) propone ai ragazzi una storia vera dove lo sport si intreccia alle discriminazioni razziali: il racconto della passione del piccolo Marcus per il suo idolo calcistico, il fuoriclasse austriaco Matthias Sindelar, che si trova in grave pericolo perché con l'avvento del nazismo la sua bravura è diventata una dote scomoda.
Una storia vera e bella è anche quella raccontata nel recentissimo libro "Lev, il bambino salvato" (Gallucci, 2016), che permette di approfondire il tema poco noto del Kindertransport.

La storia di Honza e dei suoi amici


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La forza della memoria. Le storie dei Giusti per insegnare il coraggio


Come parlare della Shoah e del male del mondo ai bambini senza spaventarli o banalizzare? Possiamo farlo ricordando i Giusti, coloro che hanno rischiato la loro vita per proteggere e salvare i bambini, le donne e gli uomini perseguitati. Di Graziella Favaro.

Leggere storie per capire la Storia: il Giorno della Memoria


Il cielo tutto quanto


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di Silvia Magistrini


“Stamattina pedalavo lungo lo Stadionkade e mi godevo l’ampio cielo ai margini della città, respiravo la fresca aria non razionata. Dappertutto c’erano cartelli che ci vietano le strade per la campagna. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto.”
Etty Hillesum

L’ultimo viaggio verso Treblinka


Una storia delicata e toccante, di coraggio e resistenza e, soprattutto, di rispetto per l’infanzia.
Di Lorenzo Luatti.

Progetti dalle scuole



Impariamo gli uni dagli altri


di Graziella Favaro, pedagogista, direttore di "Sesamo"

Come parlare di Shoah ai bambini della scuola primaria? Come evitare i rischi di banalizzare i fatti e di ritualizzare una data, slegandola dal presente e dalle implicazioni attuali e quotidiane? La proposta deve essere adeguata al livello cognitivo ed emotivo dei bambini ed essere strettamente connessa all’educazione – che deve essere continua, ordinaria, paziente – al rispetto, al riconoscimento del valore di ciascuno, ai diritti di tutti gli uomini e alla legalità. Parlare ai bambini del male del mondo e della ferocia degli uomini su altri uomini vuol dire scegliere un punto di vista, una storia, una testimonianza che possano essere compresi e fatti propri.

Impariamo gli uni dagli altri: ecco due progetti di valore realizzati dai bambini e dagli insegnanti delle prime e delle ultime classi della primaria.

Nevè. La storia del piccolo violinista


I bambini delle classi quinte della scuola primaria “Selargius” (Istituto Comprensivo Su Planu in provincia di Cagliari) hanno realizzato, con l’aiuto del regista Remo Congia, un cortometraggio sulla Shoah. Hanno discusso sull’importanza del ricordo e della memoria, sulla necessità di conoscere e di essere consapevoli di quello che è successo nel passato perché solo così non si ripetono gli eventi e gli errori. Hanno poi individuato e intervistato un testimone di quegli orrori e hanno ascoltato da lui la storia di Davide, un piccolo violinista ebreo, strappato da un giorno all’altro dal conservatorio e dalla sua vita a causa delle leggi razziali. La storia di Davide viene raccontata dai bambini attraverso il teatro dei burattini.

Nevè, di Remo Congia


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Regia di Remo Congia. Soggetto e sceneggiatura di Mara Martis (2015). Cortometraggio realizzato dall'Istituto Comprensivo "Su Planu" di Selargius (Cagliari). Primo Classificato al Sottodiciotto Film Festival di Torino 2015 (sez. Scuole).

Una storia




Il bambino che intrecciava le ceste


di Luca Bravi

Otto Rosenberg aveva 9 anni quando fu imprigionato nel campo di sosta forzata di Marzahn, un’area periferica di Berlino. La colpa individuata era quella di essere uno “zingaro” e pertanto di essere portatore di due tare ereditarie: il nomadismo e l’asocialità. Era il 1936 e nella capitale della Germania erano prossime le Olimpiadi, così Otto, che viveva di commercio itinerante vendendo ceste di vimini che fabbricava con i propri nonni, fu prelevato insieme alla propria famiglia e rinchiuso in un luogo privo di qualsiasi servizio, circondato da filo spinato e controllato dalla polizia. Luoghi simili sorsero in tutte le principali città tedesche.

Pochi mesi dopo, le famiglie di Marzhan e degli altri campi di sosta forzata cominciarono a ricevere le visite di Robert Ritter, il direttore dell’Unità d’igiene razziale del Reich e della sua assistente Eva Justin, una giovanissima antropologa.


Prima le misurazioni antropometriche, poi la ricostruzione degli alberi genealogici delle famiglie ed infine, per i ragazzi e le ragazze sinti e rom come Otto, l’abitudine a visitare la casa di Eva Justin per infilare perline, fabbricare collane ed essere coinvolti in alcuni giochi d’abilità manuale.
Nel 1938, le ricerche svolte permettevano ad Heinrich Himmler di catalogare la “questione zingari” come questione di razza da equiparare alla “questione ebraica”. Intanto da Berlino-Marzahn scomparivano sempre più persone; si diceva fossero trasportati a lavorare in altri paesi, ma nessuno era mai tornato. Otto consumava le proprie giornate sfruttato come mano d’opera schiava per le necessità di guerra del Reich.


Un giorno di febbraio fu infine prelevato insieme a tutta la famiglia. Nel dicembre del 1942 era stato infatti firmato il decreto di Auschwitz, l’ordine che individuava il lager di Birkenau come luogo di annientamento degli “zingari”.
Otto Rosenberg fu uno dei prigionieri dell’area dello Zigeunerlager di Birkenau, la sua matricola era Z 6084 (Z stava per “zingaro”), vi giunse con un trasporto misto di rom e sinti e di ebrei che giunsero a Birkenau, il 26 febbraio 1943. In quell’area del campo svolgeva i propri esperimenti su cavie umane il dottor Joseph Mengele; anche Otto attraversò più volte il corridoio del suo laboratorio. Una testimonianza delle sperimentazioni effettuate sulla categoria degli “zingari” è stata recentemente offerta da Hugo Hollenreiner.


Otto Rosenberg scampò alla liquidazione del campo degli zingari di Birkenau soltanto perché il 1 agosto fu selezionato per continuare ad essere sfruttato come mano d’opera schiava prima nel campo di Buchenwald, poi a Bergen Belsen, dove fu liberato. È stato il solo sopravvissuto della propria famiglia. Otto Rosenberg ha affidato la sua storia alle pagine di un diario intitolato "La lente focale" (Marsilio, 2000), erano già trascorsi più di cinquant’anni dalla liberazione di Auschwitz.

Io non dimentico


Moni Ovadia intervistato da Gaia Rau

La Shoah ha una portata universale. Me ne sono occupato non solo perché è la storia della mia gente, ma perché è stato un evento epocale, abissale. Una sorta di diluvio universale rispetto al quale il mondo ha vissuto un "prima" e un "dopo": non a caso Primo Levi parla di "sommersi" e di "salvati". Noi siamo la generazione del "dopo" e il rischio è quello di pensare all'Olocausto come a un fenomeno che ha riguardato soltanto alcune categorie di persone. Sono stati sterminati 13 milioni di esseri umani: ebrei, rom, slavi, omosessuali, diversamente abili (all'epoca venivano chiamati "menomati"). A me interessa l'universalità della Shoah ed è questa che difendo.

Film e ritratti


Spunti per il lavoro didattico e la formazione degli insegnanti


Un film - Il figlio di Saul


Trailer

La giornata degli Smemorati?


Gad Lerner intervistato da Fabio Fazio su Rai 3

Questo film è un percorso di elevazione, di umanizzazione dentro il luogo più impensabile. [...] E credo che racconti moltissimo del mondo di oggi. Siamo alla vigilia della Giornata della memoria, che io personalmente nel 2016 ribattezzo “Giornata degli smemoriati”. Perché ci sono analogie impressionanti fra il modo in cui i Governi, i vertici dell’Unione Europea o le Conferenze internazionali affrontano il problema dei fuggiaschi oggi e come lo affrontavano 80 anni fa, prima che nascesse il capo di sterminio di Auschwitz Birkenau: sto parlando del ’35, ’36, ’37, ’38, quando centinaia e centinaia di migliaia in questo caso Ebrei, prima dalla Germania e dell’Austria, poi dall’Ungheria, dalla Polonia


cercavano di scappare e i vertici si riunivano dicendo: “sono troppi, non possiamo accoglierli tutti, se ne accogliamo qualcuno funzionerà da incentivo agli altri e verranno di più, non possiamo spendere soldi per soccorrerli perché le nostre opinioni pubbliche poi diranno che togliamo questi soldi ai cittadini poveri di casa nostra”. Ecco, sappiamo quel che è accaduto dopo. Ad oggi, 24 gennaio 2016, la tariffa per fare 2, 3 miglia e passare dalla Turchia alla Grecia in canotto, d’inverno, col gelo è di 2500 euro, soldi che diamo ai criminali delle mafie degli scafisti, mentre facciamo dei vertici per stabilire che se quelli che arrivano “sono troppi o non sono troppi”. Io ho parlato con diversi sopravvissuti della Shoah, chiedendo il “permesso” di “strumentalizzarli”.


So che le dimensioni di questa tragedia non sono paragonabili anche per numero di morti a quel che sta accadendo oggi. Però l’indifferenza, l’istinto nostro di dire oggi, rispetto all’immigrazione, “è un problema troppo grande e come tale non vogliamo vedere, non possiamo farci niente, non ci coinvolge”, tutto questo mi fa dire che stiamo celebrando, piuttosto che la Giornata della Memoria, la Giornata degli smemorati”. [...] Un’aggiunta, e non è un dettaglio, per chi in questi giorni fa memoria di che cosa è successo in Europa: stupirsi, oggi, che degli ebrei si pongano la domanda “me la metto o non me la metto la kippah quando esco di casa?”, perché potrebbe essere pericoloso. Anche questo è un imbarazzo di cui dovremmo farci carico.

GLI INVISIBILI - Trailer Ufficiale | Evento per la Giornata della Memoria


Play video

Giorno della memoria: come parlare ai bambini?


Tra il ricordo e la speranza, trovare il coraggio di rendere partecipi i bambini. Un incontro con un sopravvissuto allo sterminio. Di Maurzia Butturini.


La poesia di Davide, 10 anni, bambino che vuole vedere. Da un percorso interdisciplinare sull'esperienza del prof. Emmanuel, bambino al tempo delle persecuzioni.

Sento una voce
un legame familiare,
gentile ed affettuoso.
Mi volto,
non trovo più il volto
La luce mi abbaglia,
non vedo niente,
ma continuo il viaggio.
Intravedo qualche minima cosa,
proseguo,
le cose si svelano
ad una ad una.
Sto arrivando.








"Nel giorno della memoria"
Giunti Scuola, 2018
Le foto che accompagnano questa scelta di contributi sono tratte da "Il volo di Sara" (Fatatrac) e "La città della stella" (Gruppo Abele), illustrazioni di Sonia M.L. Possentini.