La combinazione letale di Covid-19, dell’escalation di guerra in Ucraina e dei fenomeni climatici estremi ha portato la fame e la malnutrizione a livelli mai raggiunti prima.
Il pianeta sta affrontando la più grave emergenza alimentare del 21° secolo. Le aree del mondo in “emergenza fame” sono sempre più ampie e diffuse e la malnutrizione colpisce centinaia di milioni di bambini.
La fame è causa e conseguenza di conflitti. Nel 2021, oltre il 70% delle persone che affrontava una situazione di fame critica viveva in paesi colpiti da guerre.Il conflitto ha un impatto devastante sulla capacità delle persone di produrre cibo o di accedervi e in alcuni casi la fame è deliberatamente usata come metodo di guerra per stremare ulteriormente la popolazione e renderla ancora più vulnerabile.
Le bambine e i bambini che vivono in zone di conflitto hanno più del doppio delle probabilità di soffrire di malnutrizione rispetto ai bambini che vivono in Paesi in pace.
Tuttavia, persistono miti e stereotipi sui paesi “in via di sviluppo”, cui fanno spesso riferimento i mezzi di comunicazione sociale per affrontare i problemi mondiali. Lo stereotipo sulla causa della “fame nel mondo” è la sovrappopolazione.
La Cina, ultimamente madre di tutte le colpe, starebbe mangiando di più e, visto che i cinesi sono tanti, il prezzo dei prodotti agricoli crescerebbe in maniera direttamente proporzionale. Eppure “In Cina nel 2004 la produzione di grano ha raggiunto 8,3 milioni di tonnellate annue, pari a circa 440 chilogrammi per ogni cinese. La sovrapproduzione viene esportata nei paesi confinanti”. E’ il documento col quale il World Food Program delle Nazioni unite annunciava che dalla fine del 2005 non avrebbe più inviato alimentari alla Cina, essendo questa diventata autosufficiente e addirittura esportatrice. Basterebbe che i giornalisti lo leggessero, prima di scrivere stereotipi. D’altronde da quasi trent’anni, cioè dal Rapporto FAO “Orizzonte 2000” (del 1979) sappiamo che le risorse agricole disponibili sono in grado di sfamare ogni anno 40 miliardi di persone. Sempre secondo la FAO, negli ultimi 30 anni la produzione di alimenti è aumentata del 30% e il tasso di produzione di cibo pro-capite è aumentato del 40%. Da “Orizzonte 2000” in poi, ogni rapporto annuale della FAO registra un continuo aumento dei raccolti agricoli, a fronte di un calo della natalità praticamente diffuso ovunque. Il numero degli abitanti del pianeta, infatti, è in aumento perché diminuisce la mortalità, visto che la fertilità è crollata ovunque: nel 1970 era del 2,1%, è scesa all’1,8% nel 1975 e all’1,3% nel 2002. Nei paesi del Sud del mondo da una media di 6,1 figli per donna degli anni ‘60 siamo ai 2,7 figli dell’anno 2002; in Europa 1,7 figli per donna, in Italia solo 1,3. Mantenendo l’attuale tasso di mortalità e natalità, nel 2040 saremo circa sette miliardi e mezzo; da quel momento inizierà una diminuzione globale (dovuta al minor numero di persone feconde) che porterà in un secolo la popolazione mondiale ai livelli del 1800. Per questo la FAO denuncia ancora una volta che la fame nel mondo non è causata dalla sovrappopolazione, quanto piuttosto dalla distribuzione iniqua, dagli sprechi, dalle coltivazioni destinate esclusivamente all’esportazione, che impoveriscono ulteriormente le già povere popolazioni locali. Il 15% più ricco della popolazione mondiale consuma l’85% delle risorse, questo è il problema della fame.
* * *