Sostenibilità:
una parola che non nasce oggi
e che non è un “brand”
La parola sostenibilità oggi racchiude tanti concetti, alquanto ignorati fino a poco tempo fa o non considerati urgenti.
In realtà di sviluppo sostenibile si inizia a parlare ufficialmente nel 1987 ma trent’anni fa e oltre si parlava più di ecologia che di sostenibilità: l’ecologia comprendeva attenzione alla natura, agli ecosistemi animali e vegetali ed era meno focalizzata sul produrre e consumare. Chi si rivolgeva a questi temi aveva in mente un’idea di sostenibilità fatta di NATURA.
La parola sostenibilità entra maggiormente nell inguaggio (in primis degli ambientalisti) di appassionati ed esperti nella seconda metà degli anni ’90.
Nei primi anni 2000 la necessità, data da leggi più incisive, di trasferire rilievo e capacità di azione alle imprese crea le prime condizioni per la nascita della green economy. Essa identificava le prime esperienze industriali che hanno scelto di scommettere su cicli e prodotti meno inquinanti.
Parallelamente, ma ancora lentamente, cresceva l’attenzione del mercato verso questi argomenti e verso i prodotti che si proponevano come risposte possibili. Peraltro con la globalizzazione che in quegli anni era anche guardata con preoccupazione e occhio critico si diffondono movimenti di consumatori attivi capaci di farsi nuove domande. Cioè domande più ricche e complesse su cosa compriamo? Perché? Quali danni o vantaggi generano per l’ambiente.
Questi nuovi movimenti dal basso si uniscono a quelli esistenti e rafforzano la domanda di Sostenibilità.
Nel secondo decennio di questo millennio succedono alcuni fatti rilevanti che vi consigliamo di leggere:
Il 25 settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, corredata da una lista di 17 obiettivi (Sustainable Development Goals, SDGs) e 169 target relativi ad ambiti che riguardano i diritti umani, lo sviluppo economico e l’ambiente, che i Paesi si impegnano a raggiungere a partire dal 1° gennaio 2016 ed entro il 2030.
Il 12 dicembre 2015 viene sottoscritto l’Accordo di Parigi per il clima, una pietra miliare della governance mondiale per la lotta al cambiamento climatico. Firmato da 197 Stati, si pone l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media mondiale al di sotto dei 2°C, compiendo tutti gli sforzi per limitarlo al di sotto di 1,5 °C rispetto al periodo preindustriale.
Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale che anche il settore privato sia chiamato a far parte della soluzione, portando innovazioni nel proprio modello di business, riducendo drasticamente i propri impatti ambientali.
Nel 2015 esce l’enciclica "Laudato sì" di papa Francesco che richiama tutti ad un’attenzione all’ambiente che significa salvezza dell’uomo poiché ambiente umano e naturale si degradano insieme ed è quindi necessario affrontare il degrado ambientale perché in stretta relazione con quello umano e sociale.
Infine il 2 dicembre 2015 entra a pieno titolo nell’agenda UE l’Economia circolare con l’approvazione della Comunicazione COM (2015) 614 final, “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione Europea per l’economia circolare.
A questi indirizzi si uniformano le politiche dell’Europa e dei suoi stati membri in cascata con tanti atti successivi di orientamento e direttive che rendono sempre più stringenti obblighi e responsabilità collettive.
Una vera tabella di marcia fatta di azioni per rendere sostenibile lo sviluppo dell’UE è poi il green deal europeo, precedente alla pandemia, e approvato nel 2020. Lo scoppio appena successivo della crisi pandemica perturba fortemente il nostro assetto sociale ed economico, e lo sviluppo del percorso delle politiche europee programmate ne subisce le conseguenze.
Ma gli indirizzi delle istituzioni europee restano ferme e concordi nel dichiarare come l’attuazione dell’Agenda 2030 e il Green Deal europeo siano la risposta sociale ed economica alla crisi.
Si rendono però necessarie misure di finanziamento pubblico straordinarie che vengono presentate dalla Commissione il 27 maggio 2020. In particolare con la proposta d’istituire il fondo per la ripresa denominato Next Generation EU di 750 miliardi di euro, in Italia noto come Recovery Fund, che pone l’accento sulla transizione ecologica. Essa è oggi a pieno titolo il paradigma a cui dedicare risorse umane, economiche e tecnologiche.
Il piano italiano nazionale di ripresa e resilienza dell’aprile 2021 (PNRR) attua con i suoi indirizzi l’impiego e l’uso di tali risorse.
Si apre così uno scenario che ci accompagnerà per diversi anni ricco di opportunità per chi vorrà coglierle.
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